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Non è una scuola per introversi; come l’introversione viene trascurata

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La scuola non è stata pensata per gli introversi. L’estroversione e l’introversione possono influenzare notevolmente il metodo di studio e i processi logici degli studenti; se i primi raccolgono energia interagendo con altre persone, i secondi ricevono maggiori stimoli dai momenti passati da soli. Di conseguenza ciascuno impara e organizza il suo percorso di apprendimento in modo diverso – tuttavia il sistema scolastico ha sempre adottato i sistemi preferiti dagli estroversi. Ma cosa, in particolare, penalizza gli introversi rispetto i loro compagni più espansivi?

Regno del caos

Le scuole sono ambienti caotici e affollati, in cui i ritmi sono dettati dal suono delle campanelle e dall’urgenza di portare a termine lezioni e riunioni; un’atmosfera che può risultare decisamente oppressiva per chi predilige contesti più silenziosi, soprattutto perché non esiste la possibilità di concedersi attimi di quiete. Le difficoltà e le incertezze che un introverso può sperimentare tra i banchi derivano spesso dalla nostra cultura, le persone che ci vengono presentate come soggetti da ammirare o a cui ispirarci sono quasi sempre estroverse. Sono proposti come modelli il loro carisma, la loro fiducia, l’abilità di comunicare in modo efficace a ogni singolo membro di un gruppo; in particolare, siamo persuasi dall’idea che i ruoli di leadership siano riservati a chi possiede dette qualità. Gli istituti tendono ad amplificare non solo la cultura di un Paese, ma a volte anche i pregiudizi che ne derivano – e ciò include la convinzione che esista un legame insito tra l’essere un buon oratore e avere buone idee.
Inoltre gli alunni sono frequentemente spinti a intraprendere attività di gruppo, poiché la scuola moderna è sempre più focalizzata sulla collaborazione tra studenti. La verità è che forzare qualcuno in un contesto sociale non renderà una persona meno riservata; anzi, dal momento in cui vengono formati i gruppi fino all’esposizione del lavoro svolto, sarà ostacolata dallo sforzo di dover cooperare con individui che magari neanche conosce bene. Il risultato è che si sentirà stressata al punto da non poter lavorare come vorrebbe.

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Come possono le scuole rispondere alle esigenze degli alunni introversi?

Gli insegnanti cercano spesso di far uscire gli alunni più silenziosi dal proprio guscio, ma fanno davvero bene a comportarsi così? Ebbene, costringere gli studenti a partecipare alle discussioni in classe non può che produrre l’effetto contrario; con questo non intendo svilire l’utilità del “cooperative learning”, ma evidenziare come sottoporre chi è timido a continue pressioni, in un ambiente che già di suo non lo mette a suo agio, non contribuirà a far emergere le sue vere capacità.
Secondo Robert J. Coplan, professore di psicologia ed esperto di timidezza presso la Carleton University di Ottawa,

«chi ha progettato il contesto della classe moderna non ha certo pensato ai ragazzi timidi o silenziosi»,

senza dimenticare il fatto che queste classi, ove le capacità degli allievi sono misurate dalle interrogazioni orali e dalla loro partecipazione, rappresentano il

«peggior incubo dei bambini e dei ragazzi riservati».

L’idea sarebbe quella di spronarli eventualmente a esporre le proprie opinioni, ma senza forzature e senza considerare l’esposizione orale l’unica alternativa plausibile. Un introverso tende, generalmente, a riflettere molto sui suoi interessi e su come coltivarli, a pensare a lungo prima di parlare e a prendere decisioni strategiche su come esprimersi – può prediligere la scrittura, la musica, l’arte visiva, il confronto tra pochi soggetti; tutti metodi di apprendimento e di comunicazione che andrebbero promossi, non soppressi. Del resto in ambito didattico si promuove da anni l’esigenza di passare a un approccio multi-modale e non semplicemente multi-mediale.

È quindi importante diffondere la consapevolezza che l’estroversione e l’introversione rappresentano caratteristiche della personalità, relative al modo in cui interagiamo con l’ambiente circostante, e nessuna delle due dovrebbe essere considerata come “standard” o “normale”; occorre dare lo stesso spazio a entrambe, riconoscendo i punti di forza tanto degli allievi più espansivi quanto di quelli più riflessivi. È inoltre utile prevedere compiti e progetti da svolgere autonomamente e, da un punto di vista pratico, allestire spazi più intimi e tranquilli, oasi che nelle scuole italiane sono pressoché inesistenti.

Può uno studente non estroverso realizzare se stesso nell’ambito scolastico?

Da persona riservata, non è facile realizzare i propri obiettivi in un contesto che ancora non riconosce totalmente i bisogni degli introversi. Con l’ansia di dover esporre gli argomenti trattati alla classe e la preoccupazione di rendere vano l’impegno dedicato allo studio, risulta indispensabile occupare ore e ore preparandosi all’interrogazione finale. Uno dei consigli che darei in questo contesto è dunque quello di fare molta pratica; oltre la conoscenza della materia in questione, è utile sentirsi a proprio agio nell’esposizione. Più una presentazione è svolta in modo fluido, più gli eventuali elementi di disagio verranno meno. In caso di lavoro di gruppo o in generale di tensione data dall’ambiente scolastico:

  • È bene adattarsi alle proprie esigenze e considerare i ruoli diversi da quello di presentatore. L’attività di ricerca, ad esempio, permette di collaborare in un team senza dover interagire eccessivamente;
  • Non bisogna rinchiudersi nella comfort zone; nonostante sia fondamentale rispettare i nostri limiti, è altrettanto importante mostrare interesse partecipando a proprio modo;
  • Preparare quesiti o risposte con anticipo, così da non dover improvvisare, risulta essenziale per un alunno riflessivo che desidera intervenire in maniera efficace;

Occorre tenere a mente che l’introversione non è un difetto, ma semplicemente parte del nostro carattere; bisogna sfruttarla al meglio, perché spesso si associa a importanti qualità come la capacità di ascoltare, cogliere dettagli, riflettere intensamente su ciò che cattura la nostra attenzione. Quindi è possibile dar sfogo alle nostre idee concentrandoci sul mezzo più adatto a noi, unendolo a un’attività di confronto che può essere svolta con un numero contenuto di compagni o con un docente, poiché esporre eventuali pensieri e ricevere opinioni può spronare l’apprendimento e rafforzare l’autostima.

Valentina di Brisco, 5A SIA

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