Tra accuse e accaniti sostenitori, l’indicatore Myers-Briggs fa discutere da sessant’anni e di recente ha spopolato sui social, tornando al centro del dibattito. Ma dove nasce il test della personalità e che cos’è? Lo “Indicatore di personalità di Myers-Briggs”, abbreviato “MBTI” (acronimo inglese) è una teoria psicologica elaborata da Katharine Cook Briggs e da sua figlia Isabel Briggs Myers durante la prima metà del ventesimo secolo. All’inizio non furono prese seriamente, anche perché non avevano alcuna qualifica accademica, eppure la loro teoria conobbe un’ampia diffusione ed è arrivata ai giorni nostri; l’indicatore prende spunto dalle tesi dello psichiatra Svizzero Carl Gustav Jung e si struttura come un questionario. Inizialmente l’obiettivo era aiutare le nuove lavoratrici a trovare la professione più adatta a loro, oggi la teoria viene sfruttata ancora per individuare il proprio orientamento professionale, ma è anche utile per lo sviluppo personale e per arrivare a conoscere se stessi. Aiuta anche a identificare le preferenze in termini di leadership e comunicazione.

Come funziona il MBTI
Jung affermava che nasciamo o sviluppiamo modi privilegiati di percepire il mondo e di prendere decisioni, il MBTI classifica alcune di queste differenze psicologiche in quattro paia opposte, dette “dicotomie”, offrendo come risultato sedici tipi psicologici possibili. Prima di tutto, bisogna estrapolare le proprie caratteristiche dai quattro assi:
1) Introversione (I) ed Estroversione (E): indica l’orientamento dell’energia, cioè se questa viene ricavata dal mondo circostante o da quello interno. Nonostante l’introverso tenda a ricaricare le sue energie in solitudine e l’estroverso in mezzo ad altre persone, questa dicotomia non riguarda il livello di timidezza o apertura di ognuno.
2) Sensitività (S) e Intuizione (N): prende in considerazione il modo in cui il soggetto raccoglie le informazioni. Il sensitivo è attento alla realtà fisica e sfrutta spesso i cinque sensi; l’intuitivo lavora con simboli e teorie astratte. Anche in questo caso non bisogna generalizzare; un tipo S può eventualmente ragionare su teorie astratte e il tipo N può fare riferimento alla situazione concreta.
3) Ragionamento (T) e Sentimento (F): è il modo in cui il soggetto tratta l’informazione. Il tipo T dà maggior peso a principi oggettivi e fatti impersonali nelle proprie scelte, mentre il tipo F si basa su principi interiori osservando anche le altre persone coinvolte in una situazione.
4) Giudizio (J) e Percezione (P): forse il più difficile da individuare. Il tipo J preferisce uno stile di vita organizzato e pianificato, mentre il secondo è più flessibile e aperto alle possibilità.
Determinare la nostra tipologia di personalità, descritta dalle quattro lettere, rappresenta tuttavia solo la punta dell’iceberg per quanto riguarda la questione MBTI. Esistono le cosiddette funzioni cognitive a complicare (ma non a completare) la faccenda
Le funzioni cognitive
Ne esistono otto (quattro introverse e quattro estroverse) e ognuno ne possiede una dominante:
1) Sensitività Estroversa e Introversa (Se e Si)
2) Intuizione Estroversa e Introversa (Ne e Ni)
3) Sentimento Estroverso e Introverso (Fe e Fi)
4) Ragionamento Estroverso o Introverso (Te e Ti)
Le prime due coppie sono dette funzioni percettive; le altre due decisionali. Come capire le proprie? Il percorso è abbastanza intricato, a ogni lettera degli assi precedenti corrisponde una funzione cognitiva, gli attributi fondamentali di ciascuna si possono trovare su numerosi siti web, per orientarsi meglio.

Quindi, l’indicatore è attendibile?
La discussione circa l’intero mondo MBTI è ancora molto accesa. Occorre precisare che non si tratta di un metodo scientifico e che non ha alcuna valenza nell’ambito della psicologia e della psicoterapia. C’è chi lo ritiene infondato o addirittura una strategia di marketing e chi pensa valga la pena provarlo a prescindere dalla sua attendibilità scientifica. Ciò che è bene tenere a mente, comunque, è che i test online che promettono di scoprire il tuo tipo psicologico non sono validi; la codifica va infatti svolta da soli attraverso lo studio delle funzioni cognitive, l’approfondimento delle dicotomie e l’integrazione del “test dell’Enneagramma”, un altro strumento riguardante le qualità individuali.
Valentina di Brisco, 5A SIA