Una dipendenza molto comune tra i giovani è proprio quella dovuta ai social network ed in particolare ad Instagram, Tik Tok e Whatsapp. Fondamentale è specificare cosa sono i social network: si tratta di siti internet o applicazioni che consentono agli utenti di condividere contenuti testuali, video e audio e di interagire tra loro. Nel dettaglio prendiamo in considerazione Instagram e Tik Tok.
Per poter iniziare ad usare entrambe le app ti basterà scaricare le applicazioni dal Play Store o dall’Apple Store, a seconda del telefono che andrai ad utilizzare e seguire le istruzioni per creare un account. Ti verrà chiesto di inventare un nome utente e un nome che vuoi affiancare alla tua pagina. Ti verrà inoltre chiesto di collegare una mail o il tuo numero di telefono (utilizzati per verificare la tua identità).
La facilità con cui ci si iscrive a questi social, fa si che spesso lo si faccia superficialmente, senza conoscere bene lo strumento e i suoi rischi. A tal proposito, abbiamo consultato la dott.ssa Tagliani Paola, PSICOTERAPEUTA, che si è resa disponibile per la nostra intervista.
Quando si parla di dipendenza dai social?
«La definizione di una patologia si fa attraverso dei criteri. Nel caso delle patologie si utilizza il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5). Tuttavia la dipendenza da social non rientra ancora all’interno della definizione del manuale che considera solo il disturbo da gioco su internet e, nonostante l’utilizzo eccessivo e compulsivo dei social network non sia formalmente annoverato tra le patologie delle attuali malattie psichiatriche, è ormai considerato a tutti gli effetti una dipendenza comportamentale (come lo shopping compulsivo o la dipendenza da gioco d’azzardo). Possiamo quindi parlare di dipendenza dai social network, come un’eccessiva preoccupazione dai social network, spinti da una forte motivazione a connettersi o a utilizzare i social network e dedicare così tanto tempo e sforzo da compromettere altre attività sociali, di studio o lavorative, relazioni interpersonali, e/o la salute psicologica e il benessere»
Quali sono gli effetti di questa dipendenza?
«Recenti studi individuano un’impressionante somiglianza tra dipendenze chimiche, dovute al consumo di droghe, e dipendenze comportamentali, quale la dipendenza da social. Queste due tipologie di dipendenze hanno i seguenti sette sintomi in comune:
- salienza: le persone passano molto tempo sui social network e pensano a come trovare ancora più tempo per poter rimanere connessi;
- tolleranza: nelle persone dipendenti dai social network, a questo iniziale comportamento, segue una crescente sensazione di urgenza a rimanere connessi per raggiungere il medesimo livello di piacere;
- modificazioni dell’umore: si arriva a utilizzare i social network per ridurre sensazioni di colpa, ansia, irrequietezza, impotenza e depressione, e per fare in modo di dimenticare i propri problemi personali, è come se fossi in una vita parallela;
- astinenza: qualora venga proibito l’utilizzo dei social network, le persone mostrano tipicamente segni di stress, impazienza, disturbo o irritabilità per il solo fatto di non poter accedere ai loro account social;
- ricaduta: chi usa molto i social network rifiuta i consigli di chi suggerisce di ridurre il loro tempo online e solitamente cerca di utilizzare meno i loro account, fallendo;
- conflitto: le priorità non sono più gli hobby, le attività all’aperto, lo sport, lo studio, il lavoro, i familiari o gli amici;
- problemi: l’utilizzo smodato ed eccessivo dei social network porta, infine, a soffrire per la propria salute.
È bene ricordare che la dipendenza vera e propria è associata a conseguenze sfavorevoli, date dal fatto che l’essere connessi diventa incontrollato e continuo (compulsivo), con ricadute: sui ritmi del sonno; sulle relazioni; sul benessere ecc».
Quando si sviluppa solitamente?
«È un fenomeno ancora oggetto di studio, ed è prematuro trarre conclusioni sulla prevalenza e sui fattori di rischio. Possiamo ricondurci ad alcuni studi sull’argomento, ma dobbiamo tenere presente che non vi è un percorso univoco perché ognuno di noi è unico e di conseguenza ci sarà un modo diverso di avvicinarsi e del progredire della necessità di essere connessi. In questi anni il fatto di esser stati portati all’uso massiccio per molti mesi, ci ha esposto a una maggiore difficoltà a tornare a un uso moderato del social. Campanelli di allarme che favoriscono lo sviluppo sono, dalle ricerche, la giovane età, tendenzialmente il periodo adolescenziale, difficoltà sul piano relazionale, difficoltà legate all’autostima, ma anche un tono dell’umore basso. Con il social si mira a colmare queste difficoltà, apparentemente, per poi sperimentare spesso maggiore disagio. Può nascere per svago è poi il modificarsi del bisogno dello stare online che crea il problema».
Come si può trattare tale dipendenza ?
«Bisogna dare un significato a quello che sta accadendo e comprendere come mai sta accadendo. Come trattamento sicuramente un percorso di supporto psicologico o di terapia possono essere un valido aiuto perché mi permette di affrontare oltre la dipendenza quindi la componente di comportamento vera e propria anche la difficoltà che vi è sotto. Accogliere questa difficoltà e dargli un significato della necessità di utilizzo di questa modalità di stare con l’altro. Inoltre, alcune associazioni che si occupano di questa problematica organizzano gruppi di auto-mutuo aiuto, ancora una volta, perché la condivisione della problematica è noto possa essere di aiuto e supporto nell’affrontare la problematica».
È un fenomeno in espansione?
«Questo tipo di dipendenza comportamentale è sicuramente un avvenimento in crescita. Era una tendenza che si stava già chiaramente delineando da una decina di anni. Ad oggi, sicuramente è un fenomeno che, complice il lockdown e le chiusure, l’emergenza sanitaria che ci ha reso più distanti fisicamente, l’uso dello smartphone e dei social diventato l’unico mezzo di comunicazione con il mondo esterno, di conseguenza, l’uso dei dispositivi mobili è aumentato esponenzialmente. Gli smartphone, il web, e i social sono stati diventati dei facilitatori nella nostra vita, abbattendo i confini, creare momenti di aggregazione sociale e molto altro (pensate all’uso che se ne è fatto per la scuola…)».
Nella nostra scuola abbiamo intervistato un quarto degli studenti con un sondaggio ed è emerso che il 26.6% degli intervistati usa lo smartphone più di 7 ore al giorno, il 27% tra 5 e 7, il 33.3% tra 3 e 5, il 13.1% al massimo 3 ore: che valutazione fa di questi dati? Sono in linea con la situazione italiana?
«L’Osservatorio scientifico della no-profit Movimento Etico Digitale ha condotto di recente una ricerca su 2mila ragazzi tra gli 11 e i 18 anni, proprio al fine di indagare questo aspetto. Hanno evidenziato come il 79% dei ragazzi tra gli 11 e i 18 anni trascorre più di 4 ore al giorno sui social, rapportato in un anno sono due interi mesi. Lo sbloccano in media 120 volte al giorno e lo usano, oltre che per essere connessi ai loro coetanei tramite i social, anche per vedere film o ascoltare musica fino a tarda notte. Inoltre un ragazzo su 2 dichiara che gli capita di scattare, rispondere male o alzare la voce se disturbato durante l’uso. Inoltre il 40% degli intervistati dichiara di perdere ore di sonno perché rimane connesso e attivo online anche di notte. Si riduce il benessere e la possibilità di essere produttivi, legati a ciò che succede online, per la paura di perdere una storia su Instagram o un contenuto su TikTok. Non a caso si parla di FOMO, Fear Of Missing Out, come di una vera e propria patologia dei nostri tempi. Quindi direi che i dati che avete ottenuto sono in media con i dati della ricerca… è sicuramente un elemento allarmante e su cui è doveroso lavorare per chi si occupa di educazione e di prevenzione (insegnanti, educatori in generale, psicologi e genitori in prima linea)».
«È necessario sensibilizzare sull’argomento e a creare magari dei presupposti per aprire i dialoghi e le possibilità oltre gli schemi e le vite mediate.»
Quali sono i campanelli d’allarme a cui prestare attenzione?
«I campanelli di allarme su cui prestare attenzione sono quegli atteggiamenti di disagio/frustrazione/irritabilità se qualcosa o qualcuno interferisce con il mio stare online. L’essere connessi è così pervasivo che percepisco ogni interferenza esterna come una intromissione indebita o un attacco personale, vi è la necessità di portare lo smartphone con sé ovunque si vada; difficoltà a lavorare o studiare, concentrarsi, relazionarsi con gli altri a causa dell’uso continuativo dello smartphone che, come abbiamo accennato prima, è usato per sopperire a sensazioni di ansia e tristezza. Naturalmente non capita solo ai ragazzi più giovani ma anche agli adulti.
È un ulteriore campanello di allarme quella paura di essere tagliati fuori dall’ online e dai suoi contenuti che porta a modificare il nostro stile di vita o di scelta (evitare situazioni in cui non posso usare il telefono oppure in cui il telefono con prende…)».
Cosa consiglia di fare se dovessimo incontrare qualcuno che soffre di questa dipendenza?
«È importante tenere un dialogo aperto e non giudicante e cercare di capire cosa fa nell’online e conoscere il suo mondo, quali sono i suoi bisogni che ritrova in quella dimensione. Si può poi cercare di coinvolgerlo in momenti di benessere insieme fuori dal web come ritrovarsi per un momento di svago, per coltivare una passione comune…
Un ruolo importante naturalmente è dato dai genitori e dalla loro vicinanza e capacità di cogliere i segnali e creare quella vicinanza non giudicante di cui abbiamo accennato prima. Si devono creare nuove possibilità di esperienza e in seconda battuta se necessario creare delle nuove regole come momenti in cui lo smartphone non può essere utilizzato (il momento dei pasti ad esempio) o impostare orari di blocco dopo un certo utilizzo… certo è che se il disagio è difficile da gestire in autonomia il consiglio di affidarsi a uno specialista è sempre il più accurato».
Speriamo che questo articolo possa servire a far nascere uno spirito critico nell’approccio a quello che rimane uno dei maggiori passatempo di noi giovani e che non va quindi demonizzato.
Amelia Kajno – Martina Giovinazzo, 3C TUR