Dopo aver saputo quali materie saranno oggetto della seconda prova scritta e aver scoperto che le commissioni ritorneranno ad essere miste, i maturandi si apprestano ad affrontare gli ultimi mesi di scuola ancora pieni di dubbi sulle caratteristiche e sulle modalità di svolgimento dell’Esame di Stato, che cambia nuovamente faccia dopo i due anni di pandemia. La nostra redazione ha quindi pensato di rivolgersi alla Dirigente Scolastica del nostro Istituto, prof.ssa Elda Frojo, per avere un quadro più completo di quello che attende a breve gli studenti dell’ultimo anno.
Dal momento che quest’anno si tornerà alla maturità pre-Covid, pensa che la scuola da un punto di vista organizzativo sia pronta ad affrontarla? Per esempio, per quanto riguarda professori interni ed esterni?
«Da un punto di vista organizzativo, per certi aspetti, è anche meglio, nel senso che sarà più facile trovare la disponibilità dei docenti interni: ci saranno, infatti, meno difficoltà rispetto al passato, quando bastava che un professore o due avessero dei problemi ed era difficile avere esattamente il numero richiesto. Certamente è probabile che, come spesso accade, gli esterni manchino al primo giorno, perché qualcuno si ammala all’improvviso o per altre ragioni, però sono situazioni a cui siamo abituati: è sempre stato così»
quindi il ritorno alla normalità da un punto di vista organizzativo non dovrebbe creare problemi particolari
«Soprattutto si risolve quello che negli anni pandemici era un grosso problema, cioè trovare insegnanti disponibili a fare i presidenti di commissione, perché i dirigenti scolastici fanno per forza quello e sono obbligati da contratto, ma i professori non sono obbligati a offrirsi come presidenti: durante la pandemia, erano pochi in primo luogo quelli proprio teoricamente disponibili, perché se erano tutti interni non potevano anche essere presidenti di commissione altrove, in secondo luogo perché, non essendo obbligati, non se la sentivano di ricoprire questo ruolo».

Pensa che gli studenti siano realmente pronti ad affrontare la maturità 2023 come si era svolta negli anni precedenti al Covid e, secondo lei, i professori hanno preparato sufficientemente i propri studenti?
«Credo che gli studenti adesso siano pronti, a maggior ragione se i loro docenti sono riusciti a riequilibrare i programmi o quello che avevano in mente di fare, tenendo conto che questi due anni di pandemia hanno inciso non poco sulla preparazione. Molto dipende dall’insegnante, da quanto è riuscito a ricostruire e a ritrovare comunque degli essenziali della sua disciplina in maniera tale da trasmettere ai ragazzi quelle che sono le competenze fondamentali, e poi ogni ragazzo è a sé, quindi se uno comunque è riuscito durante la pandemia a seguire o a recuperare ciò che aveva perso e ha seguito in classe, non ci sono difficoltà particolari, ce la fa di sicuro».
Sapendo che quest’anno le prove Invalsi non saranno obbligatorie e non incideranno sul voto finale, crede che gli studenti daranno loro abbastanza importanza?
«Gli studenti sono tenuti a fare le prove Invalsi, ma temo che non diano loro adeguata importanza, perché comunque è uno strumento di valutazione importante anche per loro, perché l’Invalsi è oggettiva: può piacere o non piacere, ma la valutazione delle prove Invalsi dà un esito che non può essere influenzato da altri fattori. Mi spiego meglio: quando voi studiate la lingua, il vostro insegnante, anche se cerca di essere il più obiettivo possibile, può essere condizionato in maniera positiva o negativa dal vostro abituale andamento e magari non si accorge che quel ragazzo in particolare forse non ha studiato la lezione come doveva, ma ha una padronanza della lingua buona e la sua valutazione è condizionata dalla mancanza di studio. L’Invalsi, invece, valuta le vostre competenze linguistiche: hai capito il brano? Sei riuscito a capire cosa si dicevano mentre parlavano? Allora hai acquisito un livello di competenza adeguato o non adeguato. Secondo me, tutto ciò è importante e la scuola andrà in questa direzione: da ora in poi, le scuole saranno valutate anche sulla base degli esiti delle prove Invalsi».
Quindi è fondamentale che i ragazzi capiscano che sono prove importanti per loro stessi, perché ne ricevono una valutazione oggettiva
«Le scuole si devono far carico di comunicare ai ragazzi quale è stata la loro valutazione e, anche se adesso non viene registrata a livello di voto attribuito all’Esame di Stato, è una valutazione importante per il loro futuro, per sé stessi. Forse bisognerebbe un po’ cambiare questa mentalità del voto fine a sé a stesso oppure del voto che determina chissà quali scompensi psico-fisici: è una valutazione sulla prestazione, però sapere che in una prova oggettiva di valore nazionale abbiamo raggiunto un certo livello può essere importante per noi.»

Dal momento che per accedere alla maturità 2023 non saranno necessarie tutte le 150 ore di PCTO, crede che questo svantaggerà gli studenti nell’esposizione orale rispetto a quelli che le hanno frequentate tutte?
«Li svantaggerà, perché avranno meno cose da raccontare e da spiegare alla commissione, perché comunque hanno avuto meno esperienze. Credo che sia importante fare PCTO, poi naturalmente, vista la situazione che c’è stata, non è un requisito fondamentale, però può darsi che incida sulla capacità dei ragazzi: siccome nel colloquio ci sarà una fase dedicata al PCTO, se uno ha più esperienze diversificate ed è abbastanza bravo a esporre, è chiaro che avrà la possibilità di avere qualche punto in più rispetto a chi, invece, ha fatto poche ore».
Elena Mazza e Yasmine Naddari, 4A e 4B AFM